Pochi giorni fa ho chiesto a un allievo giapponese se gli piaceva la cassata siciliana che aveva appena assaggiato a Palermo. Primo: il ragazzo inclina leggermente la testa, segno che sta pensandoci. Secondo: dopo circa un minuto di silenzio, mugugna un “mmm”. Terzo, risponde con un diplomatico: “Sì, la cassata è buona, ma è molto dolce”. Sebbene sia abituata a questo tipo di risposta, devo dire che ne esco sempre un po’ frustrata perché, in sostanza, non ho avuto una risposta chiara per un italiano. Un italiano avrebbe risposto con un no, aggiungendo che trova la cassata troppo dolce, ma per un giapponese questo non è possibile. L’educazione giapponese, questo Galateo così diverso dal nostro, insegna a non dare giudizi negativi in maniera troppo drastica, difficilmente vi sentirete dire “No, non mi piace”.
Deriva da questa educazione anche un aspetto dei rapporti lavorativi che misi in luce sin dal primo anno di attività italo-giapponese. Avevo mandato un’offerta al nuovo partner, dove proponevo di avviare diversi progetti, spiegandoli uno per uno. La risposta che ricevevo faceva riferimento solo ad alcuni punti dell’offerta, senza nominarne altri. Mi ricordo che subito pensai che non avessero letto bene il mio fax e lo rimandai, pregandoli di leggere anche le ultime pagine. Silenzio. Continuai a chiedere una risposta alle mie proposte per alcuni giorni, mandando e rimandando gli stessi documenti, spiegando in maniera più dettagliata le proposte su cui non avevo ricevuto risposta. Niente, nessun commento da parte giapponese. In quel periodo incontrai un imprenditore di Salerno che esportava in Giappone pomodoro da conserva e gli chiesi cosa ne pensasse del Giappone. Lui non disse nulla, ma messa la mano in tasca, mi mostrò un blister di pastiglie: “Queste le prendo ogni giorno per la mia ulcera. Dopo tanti anni di lavoro con il Giappone, sono la mia salvezza. Vedrà che non è facile lavorare con i giapponesi. Noi italiani siamo diretti, vogliamo risposte chiare. Signora mia, abbia sempre pazienza e non insista a promuovere troppo le sue idee”. Galateo giapponese e pazienza italiana, 1 a 0!
Non ho conosciuto molti giapponesi, ma mi hanno sempre colpito per l’estrema cordialita’ ma allo stesso determinazione e competivita’. Quello che racconti sul fatto di non dire mai direttamente quello che pensano, soprattutto se devono esprimere un giudizio negativo, mi ricorda molto gli inglesi. Ora mi sono quasi abituata ma e’ vero, talvolta e’ frustrante. Tutto sommato pero’ una volta capito come funziona e piu’ costruttivo un commento tipo mi piace ma e’ troppo dolce. Perche’ puo aprire nuove strade, che so una nuova ricetta della cassata con meno zucchero. Un secco no non lascia speranza.
Credo ci siano parecchie altre analogie tra inglesi e giapponesi ma andrei fuori tema.
Cara Monica, hai ragione, credo davvero che i giapponesi e gli inglesi abbiano qualcosa in comune. Ricordo, però, anche alcune altre caratteristiche che forse li avvicinano: il senso civico e una certa “nobiltà” di razza (dandone una gradevole definizione). Che ne pensi? Tu certo ne sai tanto di questa Inghilterra dove sei arrivata tanti anni fa, quasi per caso.